L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

Il contenuto di questo blog non viene piu' aggiornato regolarmente. Per le ultime notizie potete andare su:

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Friday, May 20, 2011

Pig

http://zret.blogspot.com/2011/05/pig.html

Pig

Roald Dahl è autore di un racconto atroce intitolato “Pig”. L’incipit è leggero: un giovane un po’ ingenuo di nome Lexington, allevato dalla zia Glosspan (Pangloss al contrario) nella più rigida osservanza dei principi vegetariani, dopo la morte della donna, scopre che gli piace il sapore della carne, sebbene di fatto non sappia che cosa stia mangiando. Ben presto, però, gli eventi prendono una piega inquietante. Mosso dalla curiosità per la succulenta pietanza nota come “carne suina”, su consiglio di un amico, Lexington decide di visitare un macello. Dopo aver atteso il suo turno, Lexington è chiamato per la visita guidata: viene così condotto in una zona in cui i maiali sono incatenati. Qui osserva come gli animali sono appesi per le zampe posteriori agli uncini di una catena mobile, come vengono scannati e come, sanguinando copiosamente dalla strozza, procedono a testa in giù lungo la “catena di smontaggio” per poi piombare in un calderone d’acqua bollente dove i suini vengono scuoiati. Dopodiché, tagliate le teste e gli arti, le carcasse sono pronte per essere squartate.

Mentre osserva la scena con una sorta di distaccato rapimento, Lexington stesso viene all’improvviso strattonato per una gamba e messo a testa in giù: così si accorge che è agganciato alla catena, proprio come i maiali. Allora si mette ad urlare come un ossesso: “C’è stato un terribile errore!”, ma gli operai ignorano le sue grida disperate. Presto la catena trascina lo sventurato vicino ad un tipo dalle sembianze bonarie che Lexington spera afferrerà l’assurdità della situazione, ma il cortese sgozzatore abbranca un orecchio e lo tira verso di sé. Infine sorridendogli in modo affabile gli recide con destrezza la vena giugulare con un coltello affilato. Mentre il giovane continua il suo straziante viaggio, il cuore gli pompa con forza il sangue che, scaturendo a fiotti dalla gola, inonda il pavimento di calcestruzzo. Benché Lexington si trovi a testa in giù e stia perdendo coscienza, nota in maniera indistinta i maiali davanti a lui che cadono, ad uno ad uno, nella caldaia fumante. Uno di loro, curiosamente, sembra indossare dei guanti bianchi sulle zampe anteriori: il particolare gli ricorda la giovane donna inguantata che poco prima lo aveva preceduto nel percorso dalla sala d’attesa alla zona della visita. Con un’immagine zoo-umana confusa nella mente, il protagonista scivola fuori da questo, “il migliore dei mondi possibili”, in quello successivo.

L’apologo di Dahl non descrive un mattatoio: è l’immagine truculenta ed atroce del mattatoio che definiamo in modo eufemistico “terra”. La prospettiva interna che spinge il lettore ad immedesimarsi, suo malgrado, nel protagonista, è lo stratagemma che rende il punto di vista un inferno. Lo Spannung, più che percuotere un punto della storia, si allarga in una ribollente pozza di sangue, tra carcasse sviscerate ed asettici macchinari. Le stesse sequenze non sono nuclei narrativi, ma osceni quarti di carne.

Il problema è il seguente: carneficina, massacro, macello, sgozzamento, sventramento… sono solo parole e, mentre scrivo questo testo, milioni di animali sono torturati negli allevamenti industriali e nei laboratori. Sono vivisezionati ed intossicati nei centri di ricerca. Sono presi all’amo, irretiti, scannati, decapitati, spellati, scorticati, cotti vivi, maciullati, tritati… per finire sulle nostre laute imbandigioni.

Tutto ciò avviene nella più beata indifferenza di un’umanità subumana: l’inenarrabile strazio è fagocitato dalla becera ipocrisia degli strenui difensori della vita, i paladini degli embrioni e dei malati senza speranza. Non mi si racconti la frottola, secondo cui le sevizie cui vengono sottoposti gli animali di laboratorio sarebbero il presupposto del progresso medico: se anche, per assurdo così fosse, ci rinuncerei senza esitazione. Non mi si racconti che le feroci sofferenze degli animali trovano una qualsiasi giustificazione o motivo nella magnifica economia dell’universo, nella leibnitziana “armonia prestabilita”.

Un nero, soffocato urlo di angoscia e di terrore si leva verso le deserte regioni del cielo. Se tutto questo finirà, sarà sempre troppo tardi. Se esiste un karman lo alimentiamo anche mentre ci alimentiamo con la carne: Dio solo sa quanti, quali e per quanto tempo i patimenti ci dilanieranno, prima di poter estinguere il nostro debito.

Tuttavia la vita si nutre della morte ed i vivi sono pieni all’interno di cadaveri nonché cadaveri dinoccolati essi stessi: è anche questo il mondo, piaccia o no.

Infine è quasi ora di cena. Un’appetitosa e calda costoletta è in tavola. Buon appetito.


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