L'immensa sputtanata a Zelig

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Scopo del Blog

Raccolgo il suggerimento e metto qui ben visibile lo scopo di questo blog.

Questo e' un blog satirico ed e' una presa in giro dei vari complottisti (sciacomicari, undicisettembrini, pseudoscienziati e fuori di testa in genere che parlano di 2012, nuovo ordine mondiale e cavolate simili). Qui trovate (pochi) post originali e (molti) post ricopiati pari pari dai complottisti al fine di permettere liberamente quei commenti che loro in genere censurano.

Tutto quello che scrivo qui e' a titolo personale e in nessun modo legato o imputabile all'azienda per cui lavoro.

Ciao e grazie della visita.

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Saturday, June 9, 2012

Un infinito numero di idiozie a cura di un frustrato Zret


http://zret.blogspot.it/2012/06/un-infinito-numero.html

Un infinito numero

Gli ho chiesto: ‘Cosa verrà dopo il futuro? Tu forse lo sai?”
“Tornerà il passato – ha risposto Nicodemo – Cos’altro vuoi che succeda?”

“Un infinito numero” è un libro di Sebastiano Vassalli. Mecenate, Virgilio ed il suo segretario Nicodemo si inoltrano nelle terre dell’Etruria per scoprire le origini di Roma: alla fine comprendono che il tempo è un cappio mortale e la scrittura menzogna [da buon esperto di menzogne... Sai che cosa ci potresti fare, con un cappio?].

Vassalli è stato definito un “Manzoni senza la Provvidenza”, ma “Un infinito numero” non è romanzo storico, poiché della storia l’autore raccoglie solo qualche frammento per costruire una parabola metafisica sul nulla. Il Nostro è fondamentalmente autore nichilista: d’altronde gli stessi “Promessi sposi” - cui si richiama spesso lo scrittore genovese - se vi sradica Dio, sono un’opera mortuaria e desolata [mortuario e desolato sarai tu].

Così i personaggi, lo spregiudicato e miserabile Augusto, Mecenate, lubrico ed implacabile, Virgilio ed il liberto Nicodemo non sono protagonisti delle vicende, poiché non agiscono, ma sono agiti dal Fato. L’intreccio, in bilico tra quête e dolore, si dipana come un filo spinato da cui sgocciola il sangue delle vicissitudini umane, destinate a ripetersi all’infinito, precipitate nell’inferno di un perpetuo ritorno. A questo allude il titolo. Vassalli, lontano da una rievocazione idealizzante dell’antichità, ci restituisce un’immagine squallida dell’Impero augusteo e non meno disincantata del mondo etrusco. La stirpe dei Rasenna (i Rossi) – scopre il poeta di Andes – è una genìa di feroci conquistatori originari della Lidia e celebrare le mitiche origini di Roma significa mistificare la verità. Ecco perché Virgilio, abiurando la bellezza di false leggende, chiede nel testamento che l’Eneide sia bruciata. E’ comunque il misticismo dei Tirreni ad offrire ai viaggiatori nella terra dei Tusci l’opportunità di compiere un viaggio nel tempo; essi capiscono che nessuna civiltà declina, poiché ogni civiltà nasce dal difacimento [vogliamo metterlo, un SIC?] per perire nel grigiore.

E’ il mondo intero a portare su di sé l’ipoteca e l’errore dell’esistenza che è nominazione e principium individuationis. Spiega Aisna, sacerdote di Velthune, ai pellegrini nella terra dei Rasenna: “Ci fu un’epoca in cui l’universo era il regno del dio del nulla, Mantus, e della sua fedele ombra, Mania. Un giorno il dio-dea della vita, Velthune, incontrò il dio-dea del tempo, Northia. I due incominciarono a parlare e ad immaginare un ambiente più bello e confortevole del vuoto che avevano attorno: immaginarono il sole e la luna, i mari e le montagne, gli animali e le piante e tutto ciò che prendeva forma nella loro fantasia, immediatamente diventava realtà. L’universo si riempì di cose e di vita. Allora Mantus, per ristabilire il suo predominio sulle cose, inventò un nome per ciascuna di loro. Chiamò la roccia granito o selce e l’infelicità penetrò nella roccia… Poi Mantus chiamò gli alberi quercia o pino o fico o alloro e l’infelicità penetrò negli alberi. Alcuni incominciarono a perdere le foglie ed a ricrearle ogni anno nella buona stagione: tutti presero la ruggine, le muffe e furono assaliti dagli insetti nocivi.[…] Venne il turno degli animali. Mantus li chiamò lupo e pecora, falco e serpente e li costrinse ad essere infelici: a sbranarsi, ad ammalarsi, a soffrire per mancanza di acqua e di cibo. Infine Mantus si rivolse agli uomini che, fino a quel momento, erano vissuti senza nuocersi e senza conoscersi e diede un nome specifico a ciascuno di loro … e gli uomini e le donne immediatamente diventarono infelici”.

Libro dunque tetro, eppure non privo di fascino, nell’apertura di alcune pagine verso il mistero del cosmo, nel disegno di una cultura, quella etrusca, popolata di ombre, ma pure amante dei piaceri della vita.

Nell’epilogo l’io narrante, il greco Nicodemo, emerso dalle nebbie del passato, passa il testimone all’autore (ed a noi) per consegnargli la sua amara saggezza, la sua deserta verità.
 
Pubblicato da Zret che recensisce i libri in base alla IV di copertina e vi aggiunge una 50ina di virgole

7 comments:

  1. Pubblicato da ZRET, L'UNICO insegnate al mondo preso per il culo se sbeffeggiato OGNI ANNO SCOLASTICO E IN OGNI CLASSE IN CUI INSEGNA

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  2. Pubblicato da Zret, l'altro coglione soffocato del duo marcianò, che non legge i libri, li recensisce ad minchiam.

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  3. Pubblicato da Zret che recensisce i libri in base alla IV di copertina e vi aggiunge una 50ina di virgole
    ... e mette gli aggettivi davanti ai sostantivi perchè fa più "colto e ricercato".

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  4. LOL, BF e Ragazza, m'avete fatto soffocare dal ridere :)))))

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  5. Mamma mia che bel libricino...

    “Gli ho chiesto: ‘Cosa verrà dopo il futuro? Tu forse lo sai?”
    “Fatti i cazzi tuoi – ha risposto Nicodemo – Cos’altro vuoi che succeda?”

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  6. Soliti gorgoglii incomprensibili del professoruncolo frustrato e bilioso ...

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